La storia di Noto è una storia millenaria, che dall’età del bronzo ci conduce ai giorni nostri.
La fondazione
La fondazione della città è avvenuta nel V secolo a.C. per opera del re condottiero Ducezio che spostò l’insediamento umano dall’altopiano della Mendola, culla dell’antica civiltà del Castelluccio (uno degli insediamenti umani più antichi in Europa risalente all’età del bronzo 2220-1450 a.C) sulla sommità del Monte Alveria dopo le guerre contro greci Siracusani.
Il Periodo Greco Romano
Nonostante i siracusani non siano arrivati mai a conquistare con la forza la città di Neas (o Netum), l’influenza ellenica non tardò ad arrivare al punto che durante il regno di Gerone II divenne colonia siracusana.
Intorno al 214 a.C. Neatum aprì le sue porte al console romano Marco Claudio Marcello che, riconoscendo il valore della città sia dal punto di vista militare che commerciale, la nominò città alleata dell’impero, autonoma e con un proprio senato, al punto che tutt’oggi in alcuni monumenti è ancora presente la scritta SPQN (Senatus Populus Que Netinum).
Il periodo romano fu un periodo non sempre sereno. Come altre città in Sicilia Noto, subì le vessazioni di Verre, descritte dal giovane avvocato Marco Tullio Cicero che riuscì a far condannare il console corrotto all’esilio. Tra le più importanti testimonianze del periodo troviamo, nei pressi della riserva di Vendicari, la villa romana del tellaro e i suoi splendidi mosaici in buono stato di conservazione.
Il periodo Tardoantico e Arabo
La zona meridionale del vasto territorio netino si arricchì di importanti monumenti nel periodo di dominazione bizantina come la Trigona di Cittadella dei Maccari, l’oratorio della Falconara o il Cenobio di San Marco.
Nei due secoli di dominazione araba, Noto conobbe un periodo di grande ricchezza e sviluppo: nominata Capovalle nel 903 d.C (da qui il termine Val di Noto), il contributo arabo portò uno sviluppo tecnologico nel campo agricolo e del commercio, nonché nell’industria della seta, agevolata dalla grande presenza di Gelsi nel territorio.
Dominazione Normanna e Aragonese
Nel 1091, Noto venne occupata dal Conte Ruggero d’Altavilla. Durante la dominazione normanna, si iniziò la costruzione del castello, delle chiese cristiane e del monastero di Santa Maria dell’Arco.
Durante il periodo angioino, Noto prese parte ai “Vespri Siciliani”, il ventennio di rivolta popolare che portò alla fine della dominazione francese in Sicilia, che passò a Federico III d’Aragona.
La dominazione aragonese fu una svolta importantissima per la Sicilia ed anche per Noto, per la prima volta la nobiltà siciliana venne considerata alla pari di quella dei conquistatori, a differenza di quelle precedenti.
Sotto il regno di Alfonso V d’Aragona, la carica di Vicerè di Sicilia venne ricoperta dal Netino Nicolò Speciale, che contribuì notevolmente allo sviluppo della città, che conobbe un periodo florido sia dal punto di vista commerciale che artistico, per questa ragione, grazie anche all’intercessione del vescovo Rinaldo Montuoro Landolina, Noto venne insignita del titolo di “Città Ingegnosa” per i tanti personaggi che si distinsero nel campo della scienza, delle lettere e dell’arte come Giovanni Aurispa e Matteo Carnilivari.
Il terremoto del 1693 e la ricostruzione
Al culmine del suo splendore, la città fu distrutta dal terremoto del Val di Noto dell’11 Gennaio 1963, così come diverse città della Sicilia sudorientale, tra cui Modica e Ragusa, con un bilancio che si avvicinò alle 100000 morti.
Questo evento stravolse la realtà netina, e di tutta la Sicilia orientale, dando inizio al processo che fece di Noto un posto unico al mondo.
Non essendoci più la necessità di essere arroccati per motivi difensivi si decise di ricostruire in toto la città 8km più a valle, sul declivio del colle Meti.
Il progetto di ricostruzione ebbe l’intento di creare un tessuto urbano volto a ripristinare il lustro della città in accordo con lo stile dell’epoca, che garantisse al contempo un architettura antisismica in modo che non si ripetesse più quella tragedia. Per tale scopo vennero chiamati i più illustri personaggi del settore come l’ingegnere olandese Carlos de Grunenbergh, il matematico netino Giovanni Battista Landolina, ma anche i migliori architetti siciliani: Rosario Gagliardi, Paolo Labisi e Vincenzo Sinatra.
Come l’araba fenice, Noto risorse dalle sue ceneri più bella che mai. Il piano regolatore della nuova città aveva come fulcro nevralgico tre strade parallele orientate da est ad ovest in modo che potessero sempre godere della luce del sole, luce che conferiva alla malleabile pietra calcarea utilizzata per la ricostruzione un colore caldo avvolgente che al tramonto prendeva i tratti dell’oro.
Le tre strade, oltre che a dividere il tessuto urbano, erano ognuna destinata ad un ceto sociale: la strada principale (l’attuale Corso Vittorio Emanuele) apparteneva alla chiesa, quella soprastante alla nobiltà e quella sottostante al popolo.
Gli spazi furono sapientemente studiati ed ogni palazzo, piazza o chiesa era posizionato con lo scopo di stupire ed ammaliare, da qui l’appellativo “Giardino di pietra”.
Il sapiente lavoro dei capomastri e scalpellini elevarono lo stile tardo barocco portandolo al suo apice. Le facciate con le colonne intarsiate, i balconi a petto d’oca con le mensole ricchi di bassorilievi estremamente accurati hanno fatto di Noto la bandiera del barocco siciliano.
L’ottocento e l’Unità d’Italia
Nel XIX secolo, con la nuova riforma amministrativa, Noto perse il ruolo di Copovalle che passò a Siracusa. Tuttavia rimase sempre un centro nevralgico dell’isola al punto che nel 1837, a causa del moto carbonaro di Siracusa, diventò capoluogo di Provincia e successivamente anche sede di diocesi.
Nel 1861, a seguito dell’invasione garibaldina, entrò a far parte del Regno d’Italia perdendo qualche anno dopo il titolo di capoluogo di provincia, ma mantenendo un ruolo importante dal punto di vista burocratico e logistico.
Dal novecento ai giorni nostri
La forte presenza del settore terziario nell’economia cittadina ha fatto si che non si venisse a creare una forte coltivazione intensiva o la nascita di un polo industriale, preservando il territorio rurale che tutt’ora rimane quasi del tutto incontaminato o con coltivazioni a basso impatto ambientale.
Come la maggior parte del meridione, nel periodo successivo al secondo conflitto mondiale, Noto fu oggetto di un calo demografico dovuto ai grandi flussi migratori verso il nord Italia ma anche verso la Germania, la Francia, l’Argentina, gli USA ed il Canada.
Il 13 marzo del 1996, la cupola della Cattedrale crolla a seguito di un difetto strutturale dovuto ad un’intervento di restauro negli anni 70 che sostituì l’originario tetto spiovente con uno piatto in cemento armato, aggravando il carico di peso che le colonne dovevano sostenere. Questo triste evento, che fortunatamente non portò vittime, mise la città sotto i riflettori della stampa e delle televisioni di tutto il mondo, dando vita ad un processo di restauro del centro storico che portò all’inserimento nei siti UNESCO insieme alle altre città del Val di Noto come Modica, Ragusa e Militello Val di Catania.